martedì 27 gennaio 2015

Luci ed ombre (Abatellis)


Walter Tocci: " Mio intervento in Senato del 7 Ottobre nel dibattito sulla legge delega per il lavoro".


La richiesta del voto di fiducia sembra una prova di forza ma è un segno di debolezza. Il governo chiede al Parlamento una delega a legiferare mentre impedisce al Parlamento di precisare i contenuti di quella stessa delega. Il potere esecutivo si impadronisce del potere legislativo per disporne a suo piacimento, senza alcun contrappeso istituzionale. Il Senato delega per sentito dire nelle televisioni, senza quei “principi e criteri direttivi” prescritti dalla Costituzione. È l’anticipazione di un metodo che diventerà normale con la revisione costituzionale in atto
Si forzano le regole per paura di un libero dibattito parlamentare. Il Presidente del Consiglio non è in grado di presentare gli emendamenti che ha proposto come segretario del suo partito (continua)

 

Simbolo di fede e i ceri


FIDUCIA CIECA


Non bastava la delega in bianco, non bastava l’auto fidu­cia dell’esecutivo a se stesso, il governo aveva in serbo un’altra umi­lia­zione per il par­la­mento. Ha impo­sto ai sena­tori di discu­tere tutto il pome­rig­gio un dise­gno di legge che non cono­scono. Che nes­suno ancora uffi­cial­mente cono­sce. E i sena­tori lo hanno fatto, offrendo qual­che ragione a chi ne teo­rizza l’inutilità e accet­tando di dibat­tere il dise­gno di legge delega, cosid­detto jobs act, che il governo stava intanto riscri­vendo. Quando oggi lo leg­ge­ranno avranno appena il tempo di appro­varlo. Con la fidu­cia (continua)

 Andrea Fabozzi (Jack's Blog - 8 ottobre 2014

Bandiere in festa


Consulta e Csm: il vergognoso balletto orchestrato dai partiti


Donato Bruno, uno dei possibili 'papabili', insieme a Luciano Violante, all'incarico di giudice della Corte Costituzionale per completarne la composizione, ma la cui candidatura, come quella del collega, con cui viaggiava in tandem, era stata bloccata per settimane perché in Parlamento, dopo varie tornate, nessuno dei due era riuscito a raggiungere il quorum, aveva dichiarato un paio di giorni fa: «Ritengo doveroso rimettere nelle mani del presidente Silvio Berlusconi la mia candidatura» (continua)
 
 

Battistero (Padula)


Mario Savio: "IL RAGAZZO SULLA MACCHINA"


“LO STUDENTE CHE CAMBIÒ IL MONDO ” oggi avrebbe settantadue anni. Avrebbe potuto diventare un grande leader politico, ma non volle: la vita pubblica gli avrebbe richiesto troppi compromessi; quella privata fu fin troppo tormentata. Morì giovane, per un infarto, a soli cinquantaquattro anni. Si chiamava Mario Savio e il primo ottobre 1964 all’università di Berkeley — cinquant’anni fa — diventò il simbolo genuino e quasi involontario di un movimento degli studenti che sarebbe poi esploso in tutto il mondo quattro anni dopo, nello storico 1968. Ed ecco come andò la storia. Siamo nell’autunno del 1964, nel campus di Berkeley, la più antica delle università statali della California, nella baia di San Francisco; l’anno che si avvia a finire è un concentrato di contraddizioni americane. John Kennedy è stato ucciso da appena dieci mesi (continua)

Enrico Deaglio (Jack's Blog - 5 ottobre 2014
 

Neve a Palermo


Risparmi, regole e ragione

 
Mi confortava la frase incorniciata e collocata in bella evidenza sulla parete dietro la sua scrivania. 
Mi faceva superare anche l’istintiva diffidenza che provo quando qualcuno  per venderti qualcosa - sia esso un tappeto o, come in quel caso,  prodotti finanziari - trasforma tutti i tuoi molteplici dubbi  in poche e granitiche certezze, guarda caso sempre foriere di risvolti positivi (continua)
 
 P.T.     

domenica 18 gennaio 2015

Luci e ombre


“ARTICOLO 18 SÌ”, ANZI “NO”: IL MATTEO DOUBLE FACE


Uno specchietto per le allodole, un totem ideologico, una cosa che “non interessa nessun imprenditore e nessun precario”. L’articolo 18 è “un falso problema”, un modo per “non parlare dei problemi reali” concentrandosi solo sulle “fisime ideologiche”. Quanto era combattivo Matteo Renzi quando era lontano da Palazzo Chigi e si candidava alle primarie del Pd. Oppure quando si preparava alla rivincita mentre Bersani cercava di vincere le elezioni. Risentire oggi, o rileggere, quelle parole è illuminante oltre che agghiacciante (continua)
 
 

Scambio


Le quattro mosse per sanare il calcio dall'overdose mortale


Carlo Tavecchio, neopresidente della Federcalcio, è stato ferocemente osteggiato per essersi lasciato andare a una battuta infelice: aveva definito un giocatore di colore «un mangiatore di banane» (Buon Dio, non si può dire più nulla, il nostro vocabolario, come nel '1984' di Orwell, sarà presto ridotto a una 'neolingua' fatta di eufemismi ridicoli). Però le sue prime proposte di riforma, riduzione della rosa delle squadre a 25 giocatori, almeno 8 devono provenire dal vivaio, non più di due extracomunitari per squadra, sono coerenti e, sia pur puntando su diversi obbiettivi, vanno tutte nella stessa direzione (continua)
 
 

Realtà virtuali


Caro Capanna, ti autoassolvi con troppa disinvoltura


Ho letto la bella intervista di Emiliano Liuzzi a Mario Capanna. Conosco Capanna dal 1968 e ho per lui stima e anche affetto. Perché è stato una delle rarissime persone capace di entusiasmarmi, agli inizi del movimento studentesco, non ancora MS. Capanna era personalmente contrario alla violenza. Preferiva gli sberleffi ludici, come il lancio delle uova alla Scala sulle 'sciure' invisonate. O come quando in Largo Gemelli, con un megafono in mano, ordinò ai carabinieri della locale stazione di arrendersi. Fummo subito caricati e ci rifugiammo in una chiesa sconsacrata, lì vicino. Ma eravamo circondati, in trappola. Capanna con altri afferrò una grande asse di legno che serviva per i restauri e la usò come un maglio contro una porticina che dava sul retro. Era una scena medioevale (continua)

 

Si prega di lasciare libero lo scarrozzo


Mappe - Il leader che spara sul quartier generale


Lo sguardo degli italiani sul futuro economico del Paese è scettico. Anzi: piuttosto pessimista. Eppure, la fiducia nel governo resiste. Tanto più nei confronti del premier. Di Renzi. Lo dimostrano i primi sondaggi realizzati dopo la pausa estiva. Non è un fatto nuovo. È avvenuto anche in passato. Quando al governo erano Berlusconi, in particolare, e, più di recente, Monti. È l’effetto di diversi fattori. Riflette, in particolare, la capacità del leader di trasmettere fiducia ai cittadini. E, reciprocamente, la ricerca, da parte dei cittadini, di qualcosa o qualcuno in cui credere, in tempi di crisi. Il problema, però, è che se la crisi dovesse acuirsi ancora e durare a lungo, com’è probabile, allora la sfiducia tenderebbe a trasferirsi, soprattutto, sul governo e, per primo, sul Capo. Ne è ben consapevole Renzi. Il quale, anche per questo, sta seguendo una strategia di comunicazione e di relazioni, in parte, diversa dalla fase precedente (continua)


Ori di Piana


Crisi euro: il coniglio dal cilindro di Mario Draghi


Mario Draghi, il grande illusionista, ha tirato fuori un altro coniglio dal cappello, ma questa volta i mercati potrebbero rubarglielo per arrostirlo. Ed infatti i broker di mezzo mondo hanno già iniziato a diffondere la notizia del prossimo banchetto. Ma andiamo con ordine e spieghiamo bene cosa sta succedendo nella quasi moribonda economia europea.
Ormai è chiaro che Eurolandia è in deflazione, su questo nessuno ha alcun dubbio anche se i falchi tedeschi continuano a negare l’evidenza. Deflazione legata alla caduta della domanda, basicamente non ci sono soldi e le aspettative della popolazione sono negative, non c’è fiducia nei governi e nella finanza. Risultato i prezzi iniziano a scendere perché nessuno compra e questo deprime ulteriormente l’economia e gli umori. Scenario nero insomma (continua)